Lo scavo della chiesa di San Michele di Pegazzano – campagna 2017: la sequenza stratigrafica dell’Area 1000

Lo scavo di valutazione del potenziale archeologico effettuato all’interno dell’edificio religioso, nell’area del presbiterio (Area 1000), preventivamente alla collocazione del nuovo altare, ha permesso di determinare con maggiore esattezza la sequenza delle vicende storiche della chiesa, fino ad ora basate solamente sui dati disponibili della fonte scritta.

L’indagine archeologica e l’analisi delle architetture medievali esistenti e di quelle rinvenute durante lo scavo, hanno permesso così di definire la pianta della chiesa originale, con l’abside arretrato verso ovest, i piani interni e le fasi di cantiere per l’ampliamento dello stesso edificio.

La chiesa, nella sua forma attuale, è il risultato di una serie di interventi di tipo architettonico che sono andati a modificare in parte la fabbrica medievale, ampliando lo spazio interno con la costruzione della nuova abside a pianta quadrangolare e la sagrestia in appoggio al lato meridionale.

Periodo I, Fasi 1-2: Età contemporanea e subattuale (XX secolo)

Gli interventi più recenti di cui è stata oggetto la chiesa, risalenti agli inizi del Novecento, riguardano lavori di risanamento e ampliamento realizzati da don Calcagno. Nella zona absidale lo scavo ha individuato questi interventi nelle azioni di chiusura della tomba US 1019 che, come testimonia anche il sacerdote nei suoi scritti (CALCAGNO 1941), era stata in parte accidentalmente rotta nella copertura, e dal ripristino della pavimentazione con una nuova copertura in quadrelle di ardesia e marmo (US 1004, 1005, 1003) rimasta in uso fino ai giorni nostri.

Periodo I, Fasi 3-5: Età moderna (fine XVI-XVIII secolo)

Gli interventi più importanti documentati sulla fabbrica medievale sono avvenuti principalmente tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII. E’ in questo periodo che si collocano tutte le azioni pertinenti allo smantellamento dell’abside medievale e alla costruzione della nuova abside, molto più ampia e a pianta quadrangolare, alla quale viene addossato, sul lato sud, un piccolo vano adibito a sacrestia.

L’abside medievale viene smontata fino ai livelli di fondazione, dopo aver praticato un profondo taglio di spoliazione US – 1044, che sarà successivamente riempito da tutta una serie di strati (US 1046, 1047, 1048, 1049, 1050, 1051, 1070). Questa attività si documenta anche sul calpestio esterno est all’abside originale (US 1040).

Fig. 1 – Le tracce della base dell’altare (US 1008-1011): P.I, F.3.

Dopo lo smantellamento della struttura, l’area viene occupata dal cantiere per la costruzione della nuova e più ampia abside. Sono chiare a questo proposito le tracce relative al cantiere di edificazione dell’abside di età moderna, costituite dalle US 1029, – 1030, 1036, – 1037 (buca per palo di sostegno della centina o ponteggio) delle US 1033= 1034 e ancora delle US 1035=1039 (strati di cantiere con chiazze di malta, ciottoli e scaglie litiche), che con le US 1027 e 1028, 1031 e 1032 comportano anche un rialzamento del piano di calpestio.

Sul ripristinato piano interno

Fig. 3 – Il taglio di spoliazione US -1044 (P. I, F. 5) con, sul fondo, i resti dell’abside medievale US 1052 (P. II, Fase 2).

viene poi fondato il nuovo altare (US 1008), con una zoccolatura alla base e relativi strati a vespaio di riempimento (Fig. 1).

Probabilmente nel XVIII secolo, rispetto alla base dell’altare, è stata addossata la tomba o ossario con volta in laterizi (US 1018) e spalle in elementi litici legati da malta (US 1017, 1019), della quale all’interno del saggio di scavo è stato messo in luce soltanto il limite ovest. Si tratta della stessa struttura tombale restaurata da don Calcagno (CALCAGNO 1941).

Periodo II, Fasi 1-2: Bassomedioevo e prima età moderna (XV-XVI secolo)

Tra XV e XVI secolo la chiesa è oggetto di alcuni interventi interni.

Agli inizi del Quattrocento San Michele sembra aver subito una breve fase di abbandono o di degrado, piuttosto chiara nei depositi scavati all’esterno dell’abside medievale. Il temporaneo periodo di disuso dell’edificio è testimoniato dal paleosuolo US 1060 con tracce di vegetazione anche ad alto fusto (US 1063, – 1064, 1065, -1066, radici), segno probabile di un temporaneo abbandono della chiesa nel primo quattrocento, come tra l’altro sembra segnalato anche da alcuni fonti scritte, sebbene di periodo un poco più tardo.

Lo scavo testimonia però in precedenza una fase di cantiere interna con almeno un rifacimento del pavimento, sempre in battuto terroso coperto da calce (US 1072), sul quale si imposta un nuovo altare in muratura (US 1059).

Queste operazioni hanno corrispondenza anche all’esterno della chiesa, nella zona adiacente all’abside originale, dove si imposta il nuovo paleosuolo US1067.

Al periodo di abbandono o di degrado dell’area intorno alla chiesa fa seguito un cantiere di restauro, testimoniato dalle US 1054, 1056, 1058, 1055, sul quale si imposta l’ultimo acciottolato d’uso esterno all’abside medievale US 1053, che scendeva verso la strada a nord della chiesa. Poco sotto la paleosuperficie di questo acciottolato è stato rinvenuto un quattrino

in rame di Pierluigi Farnese (1545-1547) per la zecca di Castro, che ne attesta l’uso almeno fino alla seconda metà del XVI secolo.

Fig. 4a – sezione del saggio di scavo verso nord-est, con indicazione della stratigrafia documentata;

Periodo II, Fase 2: Bassomedioevo (XIV secolo)

La documentazione archeologica ha consentito di definire in modo più dettagliato la fisionomia della fondazione bassomedievale e di trovare evidenze che sembrano negare la possibilità di alcune precedenti ricostruzioni, come quella che voleva la chiesa primitiva orientata in altra direzione, ovvero nord-sud con la facciata nella direzione della strada odierna.

Probabilmente nel pieno XIV secolo, come attestato dall’epigrafe posta sul campani

Fig. 2 – Particolare del piano pavimentale interno alla chiesa medievale US 1072, in fase con la porzione di altare US 1052: P. II, F. 2.

le della chiesa (VECCHI 1983), va ricondotta la costruzione dell’edificio religioso, poi ricordato nelle fonti scritte del XV secolo.

Le evidenze delle architetture originali sono costituite dai resti della fondazione della muratura dell’abside US 1052 individuata sul fondo del taglio US – 1044 (Fig. 2), e dal primo piano di calpestio interno ad essa (US 1077), costituito da un battuto in sedimento limoso coperto da un sottile strato di malta, e dalla fondazione del perimetrale sud della chiesa (US 2022, – 2028, 2029).

La muratura di US 1052 è realizzata con ciottoli di calcare e arenaria, impiegati a pezzatura naturale o ritoccati a spacco, disposti secondo bancate sub-orizzontali con alternanza di spessi letti di malta di calce.

Fig. 4b – sezione del saggio di scavo verso sud-est, con indicazione della stratigrafia documentata

Relativamente a questa fase, all’esterno dell’abside tardoromanico è coevo un paleosuolo naturale US 1062.

Periodo III, Fase 1: Medioevo (ante XIV secolo)

La storia del luogo, che la documentazione archeologica ci permette di raccontare, si spinge fino alla descrizione, seppur generica, dell’ambiente in cui la chiesa fu fondata.

L’area scelta per la costruzione della nuova chiesa di S. Maria, come dimostra la stratigrafia intaccata dalla fondazione dell’abside originale, era uno spazio aperto, in evidente pendenza da sud a nord, verso la viabilità preesistente, e caratterizzata da una serie di strati naturali a matrice argillosa (cappellaccio argillitico), con alcuni filoni o intrusioni di arenarie in forte stato di degrado e di ossidazione, probabilmente legate alle infiltrazioni di acqua dalle aree più rilevate del pendio

 

Antonio Alberti e Fabio Stratta