I. Liguri nel golfo e nel comprensorio spezzino
Il territorio che si sviluppa alle spalle del Golfo della Spezia si presenta impervio, delimitato a nord dallo spartiacque settentrionale della Vara, sul quale si sviluppa l’Alta Via dei Monti Liguri, mentre verso sud, la confluenza dei due ampi fiumi, la Vara e la Magra, configura una valle aperta, snodo naturale di importanti direttrici di percorrenza; una fitta rete di percorsi di crinale e di passo mette in collegamento la costa ed il suo comprensorio con l’estremo levante genovese, la pianura padana e la Lunigiana toscana (CAMPANA – GERVASINI – ROSSI 2012, pp. 35).
Il Golfo stesso, oggi meno esteso di quanto lo fosse durante l’antichità, è un ampio arco disseminato di cale e baie favorevoli all’approdo, bruscamente interrotte lungo la costa ligure dalle scogliere di Portovenere e delle Cinque Terre, mentre spostandosi verso la Toscana, si incontra un porto naturale, che poi diventerà il portus Lunae, e coste più agevoli.
Malgrado l’aspetto a tratti inospitale, la carenza di piane e il carattere angusto delle numerose valli, fu proprio la natura di crocevia e di cerniera tra il mare e l’entroterra, unitamente alle risorse di quest’ultimo, che favorì la frequentazione e lo sfruttamento delle valli di Magra e Vara fin dalla preistoria, con testimonianze che dal Paleolitico arrivano fino al Neolitico e all’età dei Metalli, durante la quale comincia a delinearsi una più stabile occupazione del territorio.
La morfologia della zona ha condizionato le scelte abitative, privilegiando zone sommitali o di mezzacosta, oppure le rare piane. Questa situazione ha limitato inevitabilmente la conservazione di forme insediative oggi obliterate o per l’intervento antropico (sbocco autostradale di Brugnato, città della Spezia), o da fenomeni naturali, quali l’instabilità dei terreni, spesso scoscesi ed erosi, con scarso humus a diretto contatto con la roccia, oppure ancora fittamente boscati e quindi difficilmente leggibili (CAMPANA – GERVASINI – ROSSI 2012, p. 34).
L’ethnos ligure comincia a definirsi durante l’età del Bronzo Medio, fra XVIII e XVII sec. a.C. (DEL LUCCHESE 2004, p. 114); a partire da questa fase il comprensorio spezzino è interessato da un sistema insediativo organizzato, effetto di vere e proprie strategie di occupazione che sfruttano le caratteristiche geomorfologiche del territorio per il controllo delle principali vie di comunicazione, fra la costa e l’entroterra. La storiografia recente definisce questi abitati con il termine di “castellari” per la loro posizione sommitale e le caratteristiche difensive.
I dati archeologici delineano una popolazione distribuita in piccole comunità che vivono in insediamenti diffusi, composti da un numero esiguo di abitazioni in legno e incannicciato, praticando un’economia agro-silvo pastorale. I versanti conservano spesso tracce di terrazzamenti, ripresi anche nei secoli successivi e in epoca storica, per ottimizzarne lo sfruttamento e limitarne l’erosione.
Fra i siti di più antica frequentazione si ricordano Carpena (Riccò del Golfo), Zignago, Vezzola e Pignone. Da queste stazioni sono spesso perfettamente visibili, e controllabili, valichi, percorsi di crinale e approdi. Risalgono a questo periodo anche alcune precoci attestazioni di siti costieri, quali Fiumaretta (Ameglia) e Monte delle Forche (Levanto, considerato costiero per una diversa conformazione del litorale), cui si aggiunge Chiavari nel Tigullio (CAMPANA – GERVASINI – ROSSI 2012, pp. 83-85)
Scarse o nulle risultano su tutto il territorio le testimonianze legate alla prima età del Ferro (dal IX-VI sec. a.C.). A Zignago è stata rinvenuta un’antica stele eneolitica rimaneggiata in questo periodo, con una iscrizione in caratteri etruschi e in una lingua forse identificabile come leponzio-ligure; reperti riferibili a quest’epoca si riscontrano nei siti di altura di Vezzola (Zignago) e di Veppo (Rocchetta di Vara) (CAMPANA – GERVASINI – ROSSI 2012, pp. 92).
Fatta salva la difficoltà di ricerca legata alla conformazione dei luoghi, la scarsità apparente dei dati potrebbe in parte imputarsi ad una sostanziale continuità di occupazione dei medesimi siti abitativi dall’età del Bronzo alla prima età del Ferro, associata ad un conservatorismo culturale che rende poco evidente la scansione cronologica delle frequentazioni, soprattutto nella condizione di forte erosione dei suoli che tende ad “appiattire” la successione stratigrafica.
La situazione si fa meglio leggibile a partire dal V sec. a.C., allorché le popolazioni autoctone instaurano rapporti con culture straniere, quali Celti, Etruschi e Greci.
Sull’area sono noti diversi castellari, come La Brina (Sarzana), Veppo (Rocchetta di Vara), Vezzola (Zignago), Monte Dragnone (Zignago), Zignago e Pignone, ancora una volta sorti (o mantenuti) in punti sommitali utili al controllo di vie di terra e approdi. Il dato archeologico evidenzia la presenza di attività domestiche, come la produzione di ceramica e la filatura, e agricole, testimoniate fra l’altro dalla presenza di grandi dolia per la conservazione delle derrate. Compaiono manufatti di importazione o di influsso esogeno, come a Pignone, con elementi di carattere La Tène, e a Dragnone, con ceramiche di importazione greca ed etrusca (GERVASINI – MANCUSI 2013).
Questi dati sembrano indicare che in questi tre secoli che precedono la romanizzazione (V-III a.C.) anche la costa subisca una occupazione omogenea, se non capillare, che dovette interessare la foce della Magra e ed il Golfo della Spezia e che costituì un’imprescindibile testa di ponte per il passaggio delle merci di provenienza tirrenica verso l’entroterra (GERVASINI 2007, p. 161).
In particolare il Golfo spezzino dovette essere interessato da insediamenti che si attestavano sulle propaggini collinari a contatto con la breve piana dell’arco costiero, raggiunto da un commercio marittimo già in età arcaica, che si spinge poi lungo il litorale occidentale fino all’emporio di Genova, con penetrazione verso i territori montani e fino alle coste della Gallia. Testimonianza esigua ma importantissima viene dagli scavi di San Venerio (La Spezia), che hanno restituito pochi frammenti di bucchero, da mettersi in relazione anche con i rinvenimenti di alcuni frammenti in impasto e in argille depurate e semidepurate recuperati in superficie nell’area di Trebiano (Arcola) (GERVASINI 2007, pp. 161-162).
Indizi più cospicui ma indiretti della presenza di abitati nelle aree prossime alla costa sono forniti dai ritrovamenti riferibili a necropoli o a sepolture isolate, avvenuti dalla fine del XIX secolo ad oggi nelle aree pedecollinari o sui versanti della prima corona di alture a ridosso del litorale.
Per quanto riguarda il comprensorio spezzino, il rinvenimento più esaustivo è quello di Cafaggio (Ameglia), dove sono state messe in
luce 54 tombe in cassetta litica raggruppate in tumuli, risalenti alla fine del IV sec. a.C. Il rito è quello della cremazione, con vasi cinerari coperti da scodelle capovolte e ricchi corredi. Le sepolture maschili sono per lo più caratterizzate da spade di produzione celtica ripiegate ritualmente, punte di lancia, elmi a calotta con paraguance; tutte le armi hanno subito la manomissione rituale; le deposizioni femminili annoverano orecchini d’oro di fabbrica etrusca, vaghi di collana in pasta vitrea colorata e in steatite, fusaiole fitti
li. In tutti i monumenti si trovano fibule in bronzo, vasi da simposio a vernice nera provenienti dall’Italia centrale, vasi di produzione locale (DURANTE 1984; DURANTE 2004). Numerose segnalazioni di tombe isolate in cista litica con cinerario e corredo, nelle località di Fiumaretta, Senato, podere Marchi,
Giara, Dissaldo, sono indizi della presenza di altri sistemi sepolcrali nell’area pedecollinare di Ameglia (GERVASINI 2007).
A Pegazzano, sulle propaggini collinari spezzine, lungo via Murlo, fu rinvenuta nel 1968 un’altra sepoltura in cista litica: messa in luce da lavori edilizi, la tomba si trovava ai piedi di un declivio roccioso, isolata da questo dal taglio della strada (FROVA 1972, p. 289; GERVASINI 2007, p. 162).
Al momento della scoperta non fu effettuato alcun rilievo né venne indicata con precisione la localizzazione; le stesse lastre di pietra della cassetta furono abbandonate sul terreno, mentre il materiale fu recapitato al Museo Civico della Spezia. Il rilievo ed il recupero degli elementi della sepoltura furono dunque attuati in un secondo momento, a cura dell’allora Soprintendenza alle Antichità. La comprensione del sito risultò ulteriormente compromessa dallo scasso già operato al momento della costruzione della strada e dal dilavamento del fianco della collina. I sondaggi operati per valutare la presenza di un sepolcreto diedero esito negativo (FROVA 1972, pp. 289-291).
La cassetta recuperata era composta di lastre in ardesia approssimativamente rettangolari, utilizzate come di consueto per il fondo, le pareti e la copertura della tomba. Il corredo sembra indicare la presenza di due defunti, un uomo e una donna. Oltre ai cinerari (due olle in impasto grossolano, di diversa dimensione), vi sono alcuni elementi che richiamano il mondo muliebre, quali ad esempio un anello in argento, un ferma trecce sempre in argento, una fusaiola fittile, una perlina in pasta vitrea.
Più caratterizzanti per un inquadramento culturale sono gli elementi maschili, rappresentati dalle armi, tutte sottoposte a manomissione rituale: l’elmo in bronzo a calotta sormontata da bottone, orlo decorato e paragnatidi anatomiche lisce, di fattura pregevole, è ascrivibile a fabbrica aretina; esso è confrontabile con analoghi reperti rinvenuti in altre tombe, ad esempio Pulica (Fosdinovo – MS) e Berceto (PR) (PARIBENI 2001). Rimangono inoltre la punta fogliata con costolatura centrale e relativo puntale di una lancia in ferro, mentre la spada, anch’essa in ferro e intenzionalmente ripiegata, è conservata nel fodero con salvapunta traforato (GERVASINI 2007, p. 162).
Non fornisce indicazioni di genere la fibula in bronzo di tipo Certosa, con arco a lamina, piede a staffa decorata con motivi geometrici puntinati e molla a due giri di spirale, elemento comune all’abbigliamento sia maschile sia femminile (FROVA 1972, p 294; GERVASINI 2007, p. 162). I reperti collocano la tomba nel pieno del III sec. a.C. e denotano contatti commerciali con l’Etruria e con l’Italia settentrionale.
Ancora rinvenimenti di tombe a incinerazione sono attestati in epoche diverse nel triangolo formato dal sistema vallivo Vara-Magra; sono andati perduti i corredi delle necropoli di Ceparana, Bolano e Viara, mentre la sepoltura di Madrignano, quella di Valdonica e il vasto sepolcreto della Genicciola testimoniano chiaramente una considerevole e diffusa presenza di genti liguri sul territorio di Calice al Cornoviglio nel corso del III e II sec. a.C. (GERVASINI 2007, pp. 162-163). Si tratta di testimonianze che si sovrappongono cronologicamente al sorgere dell’interesse di Roma per questi territori. L’influsso delle nuove genti si percepisce in alcune contaminazioni, per quanto marginali: la cassetta tombale di Madrignano sostituisce gli elementi litici con tegoloni, pur mantenendo sostanzialmente invariato il rituale (GERVASINI 2007, p. 162).
Queste sepolture, localizzate pur sporadicamente in un alto numero di località, documentano la portata della presenza ligure nei comprensori del Golfo e dell’Appennino, peraltro riverberata dalla folta schiera di statue stele recanti la panoplia del guerriero ligure; fortemente radicate nel territorio, queste popolazioni combatteranno aspramente per non abbandonare la terra dei propri antenati laddove gli interessi di Roma entreranno in contrasto con le loro tradizioni, ma nell’entroterra, dove l’ingerenza del potere centrale è meno pesante, manterranno ancora per qualche tempo la propria identità e le proprie aree di ingerenza.
II. Il golfo in età romana
di Chiarenza Neva
L’apparire sulla scena storica dei Romani coincide, per questa porzione di territorio, con i tragici fatti legati alle fasi delle guerre romano-liguri; già a partire dalla seconda metà del III sec. a.C. Roma dà inizio ad una serie di operazioni militari per il controllo degli approdi e il consolidamento delle arterie di comunicazione interne. Il golfo di Luni in particolare, approdo naturale alla foce della Magra, è la testa di ponte ideale per la conquista della Spagna, cosicché nel 195 a.C. M.P. Catone prende da qui il largo per le operazioni militari. Ma l’importanza del porto e della piana lunensi portano a scontri con le popolazioni liguri, che si susseguiranno, sanguinosi, per 15 anni. Nel 180 a.C. la resistenza indigena è spezzata e 40.000 Liguri sono deportati nel Sannio; la deduzione della colonia di Luna porta sul territorio 2.000 cittadini romani: la nuova città, circondata di mura e dotata di templi sontuosi, controlla un territorio di circa 26.000 ha, dalla Magra a Pietrasanta, che viene centuriato e assegnato ai nuovi abitanti.
Gli scontri con le popolazioni locali tuttavia si arresteranno solo nel 155 a.C., con una vittoria per la quale il generale M. Claudio Marcello avrà diritto al Trionfo.
Da questo momento, la città e il suo porto esercitano un ruolo politico, economico e sociale crescente, che conosce la sua massima espressione durante il periodo imperiale (DURANTE, GERVASINI 2000, pp. 4-13).
Per quanto concerne il resto del territorio, secondo i dati archeologici, in una prima fase (fine del II sec. a.C.), i Romani mettono in atto una occupazione diffusa, che interessa soprattutto il litorale, mentre le aree sub-sommitali e di mezzacosta, adatte a un’economia silvo-pastorale, sono ancora appannaggio delle popolazioni autoctone, le quali tendono a concentrarsi lungo le direttrici tradizionali, ossia quelle che sfruttano le vie naturali e si dispongono lungo i crinali che affacciano sulle principali vie d’acqua: Magra, Vara, Tavarone, Aulella. Questi territori interni, non direttamente soggetti al potere centrale, sembrano dunque registrare un certo conservatorismo insediativo, almeno fino all’età augustea (fine I sec. a.C. – inizi I sec. d.C.) (GAMBARO – GERVASINI 2004, p. 130).
La situazione del comprensorio spezzino appare sensibilmente diversa.
Malgrado l’incompletezza del dato archeologico, risulta chiaro il carattere discontinuo e sporadico del popolamento indigeno dell’area, mentre tanto la fascia costiera quanto quella pedecollinare presentano una fisionomia spiccatamente romana già in età tardo repubblicana; indizi in tal senso veng
ono anche da alcuni toponimi, identificabili almeno in via ipotetica come prediali. Si possono citare ad esempioFabiano, Antoniano, Valeriano, Muggiano, Verrazzano, Carbognano; forse lo stesso Pegazzano, Trebiano ed altri, dove tuttavia esigui rinvenimenti di matrice ligure sembrano indicare contatti molto marginali fra le due culture (GAMBARO – GERVASINI 2004, p. 130).
La favorevole configurazione delle coste, un litorale naturalmente predisposto agli approdi e, non ultime, la bellezza e la salubrità dei luoghi, sono tutti elementi catalizzatori dell’interesse da parte di alcuni ceti romani, un interesse dunque non strettamente legato a strategie militari o commerciali.
Questa caratteristica fa sì che la capillarità precoce della presenza romana lungo l’arco costiero spezzino non possa essere legata con certezza alla realizzazione di infrastrutture viarie quali la strada ed il ponte rinvenuti in via Biassa, nel centro urbano della Spezia. Questi resti archeologici, noti fin dal XIX secolo ed oggi non più visibili, sono tuttavia di estremo interesse: essi sono costituiti da tratti di un selciato stradale e da un ponte ad arcata unica con paramento in opus incertum (MAZZINI 1903, PP. 101-102).
L’esempio meglio conservato di insediamento residenziale e produttivo del Golfo spezzino rimane ad oggi la Villa del Varignano, in loc. Le Grazie (Portovenere – SP), che combina le caratteristiche della villa rustica e quelle della villa maritima d’otium.
Posta in fondo ad una piccola valle ricca di acque, prospiciente il mare, essa conserva tracce di frequentazione risalenti al II sec. a.C., ma fu edificata in gran parte in epoca sillana (prima metà del I sec. a.C.). La porzione residenziale (pars urbana) rappresenta la tipica domus a sviluppo orizzontale, con due atri dotati di impluvium circondati da stanze (cubicula) e da una saletta di rappresentanza (tablinum). La ricchezza dei proprietari è indicata dalla qualità delle pavimentazioni a mosaico, bianche con fasce nere perimetrali o con meandro prospettico policromo, e in signino, con tessere marmoree e colorate.
L’intero corpo dell’edificio era scenograficamente affacciato sul mare e arricchito verosimilmente da un belvedere porticato. Dotato di approdo privato, il complesso era circondato da un fundus coltivato a uliveto e probabilmente da boschi e pascoli; già alla prima fase di costruzione risale il torcularium per la lavorazione delle olive, con due torchi di spremitura e un’ampia cella olearia a cielo aperto per la conservazione dell’olio in grandi dolia fittili.
La villa è sottoposta ad una prima ristrutturazione a metà del I sec. d.C. (età imperiale), guadagnando un impianto termale ed una grande cisterna voltata, unico esempio nell’Italia settentrionale. In questo stesso periodo la produzione olearia viene ridotta, a favore dell’attività ortiva e forse di allevamento, riscontrata nell’area prima occupata dalla cella olearia.
Vasellame e monete rinvenute durante lo scavo archeologico del sito attestano che la villa fu abitata fino al IV sec. d.C. (GERVASINI 2008; GERVASINI 2010).
Ancora ad epoca tardo repubblicana risalgono i resti rinvenuti sotto le absidi della pieve romanica di San Venerio; benché conservato solo per un breve tratto, il muro di notevole spessore messo in luce dai sondaggi stratigrafici trova riscontro con le murature sillane del Varignano. Contestualmente, i materiali recuperati, quali tegoloni, quarti di colonnine, elementi fittili di opus spicatum, riconducono alla presenza di un insediamento produttivo (CIMASCHI 1961, VECCHI 1982). Al medesimo orizzonte cronologico risalgono alcune monete anche recuperate in loc. San Vito di Marola (vd. infra) (GAMBARO – GERVASINI 2004, p. 138).
Durante la piena età imperiale si assiste al compimento del processo di occupazione e popolamento dell’intero golfo; il fenomeno è indiziato da una serie di insediamenti costieri noti prevalentemente da vecchie segnalazioni, oggi purtroppo non più rintracciabili sul terreno, sia perché i siti di provenienza sono andati distrutti tra la fine del XIX e il corso del XX secolo nei lavori di costruzione dell’Arsenale e della città spezzina, sia perché i pochi materiali superstiti sono scarsamente leggibili (GAMBARO – GERVASINI 2004, p. 136).
L’interpretazione dei dati è ulteriormente complicata dal fatto che il golfo della Spezia si presenta oggi morfologicamente diverso dalla conformazione antica. L’arco del litorale era molto più esteso, arcuandosi fino alle propaggini collinari; il mare dunque lambiva, da est a ovest, la zona degli Stagnoni, la piana di Migliarina, il piano dove oggi si sviluppa la città e l’area attualmente occupata dall’Arsenale (GAMBARO – GERVASINI 2004, p. 129).
Intorno al 1920, durante le operazioni di costruzione dei cantieri dell’Arsenale, furono messe in luce alcune strutture di epoca romana in loc. Artiglié, presso la spiaggia di Fezzano (fundus Alfidianus). Mazzini descrive i rinvenimenti come appartenenti ad un horreum subterraneum, con particolare riferimento ad un dolium di grandi dimensioni. Lo studioso pensò a magazzini navali annonari che mise in relazione con il rifornimento di flotte militari aventi base nel portus Lunae. L’edificio è andato completamente distrutto e ciò rende difficile una valutazione concreta di quanto riportato dal Mazzini; le sue osservazioni, tuttavia, unite a quanto rinvenuto durante gli scavi del Varignano, inducono a sospettare che anche i resti ritrovati a Fezzano potessero in realtà appartenere ad un frantoio analogo, con vasche di decantazione e grande cisterna, tanto più che anche nel caso del Varignano le strutture emergenti furono a lungo erroneamente credute un antico deposito navale (MAZZINI 1903, pp. 149-150, qui l’autore identifica però il portus Lunae con il Golfo della Spezia; GAMBARO – GERVASINI 2004, p. 140).
I ritrovamenti avvenuti nello stesso periodo in loc. San Vito di Marola indicano che durante la prima età imperiale ai piedi dei monti Castellana e Coregna dovette nascere e svilupparsi un ricco insediamento. Il sito fu completamente obliterato dalla costruzione dell’Arsenale, che ha alterato anche il profilo della costa, rendendo impossibile qualsiasi verifica posteriore (BARBUTO 1991, p. 38; GAMBARO – GERVASINI 2004, p. 138-139).
Il rinvenimento tuttavia è meglio documentato di quello del Fezzano: nel caso di San Vito infatti le tavole con i disegni dei reperti, alcuni del quale oggi a Castel San Giorgio, consentono di ipotizzare l’esistenza di alcune villae maritimae (e quindi residenziali) affacciate sul golfo. Particolarmente significativi in tal senso sono elementi marmorei di decorazione architettonica e di scultura, di notevole fattura; ad esempio un raffinato ritratto maschile, in dimensioni minori del vero, riconducibili ad età tardo adrianea o antonina (prima metà del II sec. d.C.) (GAMBARO – GERVASINI 2004, pp. 139-140).
Ancora Mazzini (1903), facendo riferimento agli sterri realizzati per la darsena dell’Arsenale, parla di “bagni di marmo, stanzette da bagni, tubi di piombo, ecc.”, che indicherebbero la presenza di strutture termali (MAZZINI 1903, p. 22, nota 23).
Sul versante orientale del Golfo spezzino, la costruzione dei cantieri navali del Muggiano e di San Bartolomeo, iniziati alla fine dal XIX secolo, hanno intercettato e distrutto diversi insediamenti, la cui tipologia oggi è difficilmente desumibile dalle scarse notizie rimaste (FORMENTINI 1924).
Dei reperti recuperati al Muggiano restano oggi solo tre frammenti fittili riconducibili a lastre architettoniche figurate; iconograficamente questi esemplari appartengono ad un cospicuo gruppo di repliche di matrice neoattica, fra le quali si annovera anche la grande lastra lunense della Collezione Fabbricotti con fanciulle vestite di chitone e himation nell’atto di accendere un grande candelabro. La produzione ha una datazione piuttosto ampia, che copre tutto il periodo augusteo e perdura poco oltre ed ha un largo impiego tanto nell’edilizia pubblica quanto in quella privata, sia urbana che extraurbana, ambito quest’ultimo cui vanno forse riferiti i frammenti spezzini (GAMBARO – GERVASINI 2004, pp. 136-137).
Si data alla piena età imperiale anche la necropoli a incinerazione di Limone Melara, rinvenuta durante i lavori per la costruzione di un caseggiato, nella periferia settentrionale della Spezia (UZZECCHINI 1959). Sono state recuperate diciotto sepolture in cassetta laterizia, che costituiscono finora l’unico indizio relativo ad uno o più centri abitativi dislocati nell’arco della pianura costiera spezzina (GAMBARO – GERVASINI 2004, p. 140).
L’occupazione del Golfo spezzino dal I al III sec. d.C. sembra coprire anche tutto l’arco orientale, fino al territorio di Lerici, con rinvenimenti eterogenei attestati in loc. Carbognano e in loc. Senzano/La Serra (GAMBARO – GERVASINI 2004, p. 134).
L’insieme dei dati raccolti, per quanto lacunosi, delinea un quadro abbastanza leggibile della presenza romana nel Golfo spezzino; già in atto tra il II ed il I sec. a.C., essa appare sì una conseguenza delle manovre di conquista attuate dal potere centrale nel territorio ligure, e quindi della messa in sicurezza dello stesso, ma non opera programmaticamente e politicamente finalizzata all’occupazione strategica del Golfo.
Non è un caso che i siti risultino particolarmente numerosi durante la piena età imperiale (I-II sec. a.C.) e che siano per lo più riconducibili a ville marittime dislocate in golfi riparati e lungo il litorale. Gli apparati decorativi descritti o addirittura conservati riconducono a dimore ricche, adatte alla pratica dell’otium, riconoscibili anche per la presenza di balnea e per la posizione spesso panoramica.
Risulta ad oggi meno chiara la situazione dell’entroterra collinare, dove la scarsità di rinvenimenti finora documentati non permette di chiarire l’evoluzione insediativa anche rispetto alle numerose vie di percorrenza peraltro note e sfruttate fin da epoca preistorica.
III. Origini di Pegazzano
di Enrica Salvatori e Monica Baldassarri
Come si legge nel capitolo precedente le informazioni che abbiamo sugli insediamenti romani nel golfo non consentono una ricostruzione generale attendibile, anche se i ritrovamenti sporadici e l’abbondanza dei toponimi forse identificabili come prediali romani (da ovest a est: Varignano, Fabiano, Pegazzano, Antoniano, Muggiano, Verrazzano, Carbognano) ci fanno capire che certamente la linea di costa era abitata e che era in collegamento marittimo e probabilmente anche terrestre con la colonia di Luni. Quale tuttavia fosse la caratteristica di questo insediamento, se contraddistinto da un numero limitato di ville o da più villaggi o ancora da fattorie sparse, e quali tipologie di rapporti economici si fossero determinati con il centro maggiore, questo non è possibile formularlo allo stato degli studi, nemmeno in via ipotetica.
Riguardo a Pegazzano, a parte la vicinanza topografica con Marola e con la chiesa di S. Vito, presso cui sono stati fatti ritrovamenti archeologici importanti già alla fine del XVIII secolo, nulla ci conforta sull’esistenza di un insediamento romano. Il toponimo – al di là del suffisso in –ano che non è lecito sempre interpretare come un prediale, ma che potrebbe effettivamente derivare dal patronimico nomano legato a un fundus – sarebbe da ricondurre secondo Umberto Mazzini da un tale Pacatus o Pacatius (fundus pacatianus; FORMENTINI 1924, p. 5), anche se altri nomi propri, come ad esempio Pegaso, potrebbero essere presi in considerazione (si consideri ad esempio il senatoconsulto Pegasiano). Per Formentini sarebbe addirittura possibile leggere nel toponimo traccia di una precedente frequentazione etrusca del luogo, derivando il nome da un Pacinei o Pacials (FORMENTINI 1928, p. 12), ma è bene sottolineare che il toponimo da solo, in assenza di altre indicazioni documentarie e/o archeologiche, non basta a dare la certezza di una continuità nell’insediamento su un periodo così lungo. Né vale a molto ricordare che presso Pegazzano, in località Costa di Murlo, sia stata rinvenuta nel 1968 una tomba ad incinerazione dell’età del ferro contenente ceramica e vari altri oggetti tra cui un elmo bronzeo e armi (FROVA 1968, FROVA 1975): dato che si tratta di una sepoltura apparentemente isolata di ambito celto-ligure e inquadrabile tra il III-II secolo a.C., il ritrovamento ben poco ci dice sulle caratteristiche della frequentazione dell’area in età antica.
Per completezza si deve menzionare anche l’ipotesi di Pietro Fulgenzio Ferro (FERRO 1930) secondo cui la versione dialettale del toponimo – Pegassan – deriverebbe da un Pe’ de Gassan, ossia a un luogo “ai piedi di Gassano”, posto sopra Pegazzano. In realtà l’unico toponimo simile a quello indicato – Giussano e non Gassano – si ritrova in un testo tardo, un catasto del 1655 ( BETORNATI 2013, p. 40) e non vi sono tracce documentarie dell’uso di Giussano come punto di riferimento topografico per Pegazzano.
Anche per l’alto medioevo le scarse tracce documentarie e materiali presenti nel Golfo non consentono la formulazione di ipotesi ricostruttive attendibili del territorio.
Sappiamo che nel VI secolo esisteva un cenobio a Portovenere, mentre sono di non facile interpretazione le tracce di epoca tardo-romana e altomedievale rinvenute al Tinetto (FRONDONI 1995, pp. 34-51; FRONDONI 1986, p. 184; FRONDONI 2003, p.89; DADA’ 2012, pp. 120-121). Qualche indicazione maggiore ce le restituiscono le carte del fondo del monastero del Tino per l’XI e XII secolo: documenti che disegnano un golfo caratterizzato da pochi insediamenti fortificati di una discreta consistenza (Portovenere, Lerici) e da vari possedimenti destinati a uso agricolo (loci et fundi), alcuni ancora oggi di difficile collocazione topografica.
Le diverse comunità che oggi punteggiano la parte occidentale del golfo spezzino, tra cui appunto Pagazzano, cominciano a emergere alla spicciolata nella documentazione del XIII secolo. Interessano qui in particolare, le fonti riguardanti Marola e Fabiano, entrambi insediamenti relativamente prossimi a Pegazzano.
Due documenti del 1235-36, uno redatto presso l’attuale Sarzanello (all’epoca residenza del vescovo di Luni) e l’altro scritto invece in villa Marole, ci disegnano un quadro sociale fatto di piccole comunità organizzate internamente come comuni rurali, con un consiglio, dei rappresentanti (consoli) e una cappella di riferimento.
Nel primo documento il vescovo di Luni Guglielmo concede a Conciatore di Marola, Aidanto del fu Pellino e Accurso del fu Pietro, sindaci e procuratori del comune di Marola e di Matrono (o Mathono), di edificare o ricostruire una chiesa dedicata a Dio, alla Vergine e a San Vito nel luogo detto Marola de Predore.
Nel secondo atto i consoli di Marola e Matrono (o Mathono) , insieme ad altri cinquanta uomini delle due comunità nominalmente elencati, giurano di obbedire al vescovo di Luni Guglielmo riguardo a quanto erano soliti dare alla chiesa di S. Andrea di Fabiano e che ora devono e vogliono dare alla chiesa di S. Vito di Marola.
Le indicazioni che ne ricaviamo sono importanti:
- nella prima metà del Duecento Fabiano aveva una cappella, dipendente dalla pieve di Marinasco, a cui facevano capo diverse comunità della porzione nord occidentale del golfo;
- la crescita demografica unita, molto propbabilmente, anche alla crescita degli scambi commerciali nel golfo aveva fatto nascere altre comunità, in particolare Marola e Matrono (o Mathono, questa seconda località scomparsa dalla toponomastica), che nel 1235 contavano assieme più di 200 abitanti (50 capifamiglia);
- le due comunità avevano all’epoca raggiunto una dimensione e una coesione tali da essere in grado di far costruire una propria cappella (S. Vito) e di chiedere contestualmente lo sganciamento dagli obblighi spirituali e pecuniari verso la cappella di Fabiano.
Questo processo di coesione di una comunità attorno a una chiesa che la rappresenti – pur non ancora all’epoca parrocchia – è studiato e noto e vede appunto l’edificio religioso locale giocare un ruolo non già di motore di prima concentrazione dell’abitato, ma esito simbolico e materiale dello svilupparsi di un abitato e del suo progressivo definirsi, dal punto di vista spirituale, politico e materiale, attorno a un polo (WICKHAM 1995). In sostanza la presenza di una propria cappella, in questo contesto, è traccia chiara del raggiungimento di un certo grado di forza, autonomia e coesione.
Questo processo per Fabiano nel 1235 si è già concluso, per Marola è in via di definizione. Quale invece la situazione per Pegazzano nel medesimo periodo?
Diciamo che alla metà del XIII secolo Pegazzano era un insediamento a cui corrispondeva una comunità di almeno 60 persone.
Abbiamo infatti un documento del 1251 in cui gli uomini di Carpena e delle località del suo distretto prestano giuramento di fedeltà al comune di Genova e promettono di rispettare le precedenti convenzioni. Sono elencati nominalmente i capifamiglia di diversi luoghi, in particolare Biassa (59), Fabiano (25), Coregna (18), e Pegazzano (15). La proporzione tra i capifamiglia è indicativa. Biassa appare una località importante, posta in una posizione di raccordo tra Carpena e le comunità della riviera e del golfo. Seguono invece, di taglia minore, Fabiano, Coregna e Pegazzano, solo la prima dotata certamente di una cappella, anche se tutte erano riconosciute come entità definite dalle persone dell’epoca.
Poco più di vent’anni dopo la situazione appare quasi analoga. Ci troviamo alla fine della contrasto tra Genova e Niccolò Fieschi (NUTI 1997): il 24 novembre 1276 gli arbitri eletti sentenziano che Nicolò venda al comune di Genova tutti i diritti che ha in Portovenere e Marola e in diverse località della val di Vara e dello Spezzino tra cui i castelli di Carpena e Manarola, i luoghi di Volastra, Montenegro, Calcinagola, Casciano, Cerroco, Biassa, Fabiano, Poggio, Pegazzano, Montale, Debio e vari altri.
Pegazzano è quindi nel 1276 una località con una sua fisionomia, non fortificata e con caratteristiche che la accomunano (pur senza poter valutare la consistenza dell’abitato) a Biassa e a Fabiano a cui è collegata per più di una ragione: con Fabiano perché probabilmente si serve per alcuni servizi religiosi della sua cappella; con Biassa perché si trova probabilmente nel punto terminale della strada che da Carpena, passava appunto da Biassa e poi scendeva a toccare le acque del Golfo.
Quando questa piccola comunità riuscì a dotarsi di una sua chiesa?
Salva
IV. La chiesa nel medioevo
di Enrica Salvatori e Monica Baldassarri
La chiesa di S. Michele di Pegazzano non è attestata nelle tradizionali fonti lunigianesi che attestano gli istituti religiosi medievali: in particolare non è presente né nella raccolta per la crociata del 1276 – dove troviamo invece S. Vito di Marola – né nelle decime bonifaciane della fine del XIII secolo, dove la pieve di Marinasco risulta avere sotto la sua giurisdizione spirituale solo le cappelle di Fabiano, Carpena, Biassa, Volastra e Campiglia (Pistarino 1961, pp. ***). Si trova invece elencata negli estimi del XV secolo, dove Marinasco controlla 19 enti tra cappelle e altari. L’assenza nelle fonti duecentesce e la menzione in quelle quattrocentesche potrebbe essere dovuta a varie circostanze, ossia non essere di per sé indicazione della costruzione della chiesa all’interno di questo ampio intervallo. Tuttavia altri importanti indizi fanno propendere per questa interpretazione, oggi confermata dalle indagini di scavo.
La testimonianza principale è data dalla lettura dell’epigrafe in marmo bianco che si trova murata nella parete nord del campanile di S. Michele. Si tratta infatti di un’epigrafe commemorativa dei lavori eseguiti dalla comunità di Pegazzano per l’edificazione della chiesa e della cerimonia di consacrazione avvenuta il 20 febbraio 1349. In particolare il testo, qui trascritto e tradotto ma si veda anche Vecchi 1981), ci racconta che la chiesa fu “edificata” (hedificata) dagli uomini della contrada (contrata) nel 1348 e consacrata il 20 febbraio del 1349 dopo il passaggio della Peste Nera (post mortalitatem); aggiunge poi che l’epigrafe (opus lapidis) venne fatta da un massario chiamato Tommaso.
Ne ricaviamo alcune considerazioni.
- si tratta di un oggetto pregevole, scritto con maestria artigiana, di ottima qualità, indice di una discreta capacità finanziaria della comunità che paga la costruzione della chiesa e dell’epigrafe. QUESTO DATO E’ stato confortato da***
- Viene usato il verbo hedificare, letteralmente costruire, ma non necessariamente ex novo: potrebbe infatti esserci un’altra chiesa vicina o nello stesso luogo di quella recante l’epigrafe, ma di foggia e fattura talmente diversa da far percepire alla comunità la ricostruzione come un processo del tutto nuovo. Tuttavia è chiaro che un cantiere apposito venne allestito per l’edificio alla metà del XIV secolo. QUESTO DATO E’ stato confortato da***
- Il termine contrata è indicativo, in quanto manifesta la percezione che la spessa comunità dei fedeli aveva di sé stessa. Se riguardiamo il documento sel 1235 su S. Vito di Marola, notiamo che l’atto è stato redatto in villa Marole e che gli uomini di quel luogo erano all’epoca organizzati un una comunità (commune et universitas): Marola aveva quindi nella prima metà del XIII secolo la fisionomia di un villaggio ben riconoscibile, distinto da un abitato maggiore e prossimo, oltre che un’autonomia politica e amministrativa definita. Nell’epigrafe si usa invece il termine contrada, che indica un abitato fortemente legato a una strada e privo di una fisionomia propriria e distinta: una sorta di quartiere dai confini incerti, facente comunque parte di un contesto più ampio.
- La datazione è peculiare e ovviamente interessante, data la relazione, espressa in chiaro, con la grande peste del 1348. La preziosità dell’epigrafe e gli anni fanno infatti supporre un investimento massiccio della comunità nella costruzione della chiesa tramite il suo tesoriere e l’amministratore ( il massario Tommaso) in stretta correlazione con l’evento catastrofico. Le fonti non ci consentono di conoscere quale sia stato l’impatto demografico della celebre pestilenza per le comunità del Golfo; possiamo solo supporre una mortalità analoga a quella registrata in Toscana e calcolata dagli studiosi nell’ordine del 20% della popolazione (Gottfried 2010, p. 130). Quale che sia stato l’impatto numerico, ci sfuggono completamente anche altri dati altrettanto importanti, quali la percezione del disastro da parte degli abitanti e le conseguenze della crisi demografica nell’economia locale. La costruzione della chiesa e l’epigrafe, sorti a protezione della contrada e per ringraziamento della stessa dopo il passaggio dell’epidemia, ci dicono comunque che il turbamento collettivo, testimoniato anche dalle cronache coeve di area italica ed europea (Zanella 1994), fu rilevante. Da questo punto di vista certamente è indicativa la dedica a S. Michele Arcangelo, santo apotropaico per eccellenza, difensore e protettore dal male, diffusosi in Italia soprattutto con i Longobardi ma poi affermatosi in quella veste anche nei secoli successivi (Bouet et al. 2007). Dal punto di vista econonomico la relazione tra la peste e e la edificazione si deve invece vedere più labile, in quanto la capacità finanziaria tale da edificare una chiesa delle dimensioni emerse dagli scavi archeologici deve aver avuto origine da una situazione economicamente favorevole manifestatasi nei decenni immediatamente precedenti. A prescindere dalla Peste Nera, infatti, si deve notare che il Trecento fu un periodo di indubbia fioritura e crescita di importanza per diverse località del Golfo, prima fra tutti La Spezia, che diventò podesteria e che attirò a sé i percorsi tradali prima gravitanti su Carpena, Marinasco, Vezzano e Arcola (Mazzini, Formentini 1923, Vecchi 1983).
****** scavi ******
L’analisi della documentazione scritta e le evidenze materiali emerse dallo scavo consentono quindi ipotizzare che a Pegazzano nella prima metà del Duecento nacque una piccola comunità di strada, probabilmente con un ruolo di raccordo con le comunità del versante nord ovest del golfo e in paricolare con i centri più rilevanti all’epoca di Carpena e Biassa. La probabile crescita demografia avvenuta tra la metà del XIII secolo e la metà del secolo successivo e la congiuntura economica favorevole misero gli abitanti nella condizione di poter affrontare l’edificazione di un proprio luogo di culto e di preghiera, edificazione che si realizzò certamente in corrispondenza del passaggio della Peste Nera, anche se non possiamo ancora escludere del tutto l’esistenza di un edificio di culto anteriore a quello messo in luce dafli scavi.
*****
V. Le ristrutturazioni tra Cinque e Seicento
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Quisque malesuada at dui eget sagittis. Suspendisse felis turpis, pharetra a ante vel, accumsan tempor est. Aenean tincidunt tempus nisl non finibus. Aenean lacus nibh, condimentum vitae auctor vel, elementum a urna. Donec fringilla egestas lacus, et ultricies nisi luctus nec. Integer tortor lacus, auctor volutpat elementum ac, porttitor quis risus. In pellentesque risus id justo auctor pretium. Suspendisse urna erat, tristique non tincidunt vel, bibendum aliquam lorem. Integer nec lacinia leo. Fusce orci sem, aliquam id sodales id, posuere sit amet nunc. Ut ut felis ut turpis consectetur malesuada eu in lectus. Maecenas semper ex et eros pellentesque fermentum. Quisque lorem leo, molestie quis dolor aliquam, blandit varius lorem.
Nulla tempus tortor sit amet cursus fringilla. Cras a nunc quis elit faucibus laoreet a a erat. Suspendisse mattis ligula et ligula rhoncus, ut venenatis mi venenatis. Nam massa nunc, consectetur sed eros quis, sagittis pharetra libero. Etiam accumsan ante eu facilisis imperdiet. Pellentesque habitant morbi tristique senectus et netus et malesuada fames ac turpis egestas. Nulla rhoncus turpis in purus tincidunt, eget semper velit tempor. Nam porttitor lacinia erat ut faucibus. Vivamus placerat elementum magna eu mattis. Nullam tempus, ipsum at sollicitudin pretium, ligula neque tincidunt leo, eget fermentum neque quam et augue. Fusce erat justo, pretium nec purus vitae, tristique luctus est. Curabitur cursus urna orci, et suscipit magna pharetra nec.
Donec mattis eleifend velit et rhoncus. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Duis odio justo, mollis vitae metus a, commodo aliquam nunc. Mauris faucibus ullamcorper risus, at iaculis nisi accumsan at. Donec ac massa lacinia arcu luctus tincidunt. Quisque mollis leo nec dolor tristique fringilla. Quisque rhoncus malesuada orci. Nunc vitae iaculis lectus.
Vestibulum et odio erat. Duis maximus pellentesque pretium. Integer cursus dignissim dolor tempor aliquet. Aenean finibus eros quis convallis vehicula. Aenean molestie ullamcorper odio eu dictum. Quisque aliquet, urna in blandit tincidunt, ex sapien condimentum sem, aliquet sodales nisl neque eget nunc. Integer luctus tellus vel mi lacinia accumsan. Cras mattis lectus vitae est faucibus, eget gravida tellus imperdiet. Donec ac urna eu sem dignissim pulvinar. Vivamus suscipit tempus faucibus. Vivamus libero orci, accumsan ac varius sit amet, imperdiet eu nunc. Fusce ut turpis imperdiet lacus convallis ornare id in lectus. Pellentesque ut tristique mauris.
Fusce malesuada nulla vitae urna interdum fermentum. Phasellus ornare sed purus accumsan scelerisque. Vestibulum vehicula eleifend neque sit amet fringilla. Proin sit amet augue consectetur, viverra urna non, malesuada arcu. In vel neque vehicula, sagittis justo a, lobortis ex. Donec at elit congue, ultricies ligula ac, aliquam eros. Maecenas sagittis nisl ac vehicula volutpat. Fusce sed sapien sit amet lectus condimentum volutpat eu id tellus.
VI. Le modifiche del Settecento
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. In tempor cursus odio ut blandit. Pellentesque ultricies augue et varius vehicula. Duis venenatis sed libero non rutrum. Sed ac nibh tristique, vestibulum nulla a, dapibus justo. Donec pharetra rutrum euismod. Nam non ex luctus, pellentesque ex vel, maximus elit. Cras fermentum mauris eget velit consectetur, id efficitur dolor malesuada. Praesent malesuada euismod fermentum.
Sed ornare consequat libero nec gravida. Quisque at laoreet leo. Nunc ut hendrerit odio. Etiam bibendum semper est sed ultrices. Praesent viverra varius metus, vel vestibulum neque pulvinar sed. Quisque ut arcu egestas, bibendum justo et, pharetra ex. Integer interdum eu lectus in placerat. Curabitur sed lectus tempor, dapibus nisi in, malesuada ligula. In enim leo, suscipit ut rhoncus a, bibendum vehicula massa.
Duis volutpat turpis ex, sed aliquam neque luctus nec. Quisque facilisis porttitor dolor nec tincidunt. Etiam maximus interdum risus. Duis sed varius dolor. Sed eget auctor augue. Nulla sed congue turpis. Suspendisse condimentum neque vitae massa eleifend interdum. Etiam nisi velit, sagittis eget imperdiet sit amet, pharetra sit amet erat. Fusce id mattis nibh. Curabitur eget porttitor dui, eget finibus nisi. Maecenas dictum sodales nisi.
Suspendisse potenti. Nunc eu dui sed diam gravida lacinia ac nec sapien. Etiam vitae porta nisl. Fusce euismod libero quam, imperdiet luctus risus tristique vel. Pellentesque habitant morbi tristique senectus et netus et malesuada fames ac turpis egestas. Sed scelerisque vel metus at fermentum. Quisque tincidunt elementum mauris, in finibus odio. Etiam scelerisque condimentum ante et lacinia. Nullam in fermentum quam. Mauris vel maximus est. Proin aliquet ante eget libero sodales rutrum. Nulla magna libero, dapibus nec facilisis nec, ultrices sed nisl. Quisque euismod justo sapien, eget ornare eros faucibus non. Nullam luctus mauris lacus. Cras nec neque interdum, varius tortor sed, condimentum nunc. Vivamus nec lorem sit amet nisi euismod mollis quis aliquam mauris.
Nulla ut mi ac quam laoreet fermentum vel non diam. Phasellus non placerat orci, sit amet blandit nunc. Nam eget molestie nisi, at sagittis eros. Morbi ac tellus purus. Vestibulum bibendum neque sit amet lacus ullamcorper finibus. Maecenas blandit gravida sapien id feugiat. Duis arcu dui, sagittis ut ante vitae, sodales luctus ex. Nunc feugiat, diam et elementum sodales, risus felis tincidunt erat, nec pellentesque quam massa ac dui. Ut vel tincidunt nisl, et rutrum nisi. Curabitur quis orci vitae nisi blandit lacinia. Etiam ut gravida orci. Maecenas et molestie purus. Nam aliquam tortor massa, sit amet porta libero aliquam sit amet.
VII. Il borgo e l’Arsenale
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Aenean non nibh nibh. Ut ut pretium nisi. Proin sed magna sapien. Aliquam non vulputate ipsum. Pellentesque rutrum, risus eget hendrerit fringilla, augue nunc commodo nunc, auctor tincidunt felis augue ac augue. Praesent euismod faucibus velit, ac posuere metus eleifend eget. Morbi faucibus lectus eu risus ullamcorper porttitor. Etiam orci turpis, eleifend et lorem vitae, hendrerit tristique risus. Vestibulum luctus massa sit amet odio sagittis volutpat. In facilisis nulla id lorem congue suscipit. Cras sodales magna enim, quis tristique turpis venenatis id. Curabitur porta fermentum tincidunt. Nulla ac sapien massa.
Nulla vitae lectus ut risus mollis accumsan. Aenean bibendum hendrerit nisl, vitae vulputate est pharetra nec. Etiam vel dui sed lectus pretium porttitor. Donec egestas dapibus purus eget scelerisque. Aenean in luctus arcu. In et lacus quis odio suscipit cursus. Aenean gravida mi quis justo cursus dignissim. Donec in velit porttitor, scelerisque enim ultricies, mattis diam. Duis nibh urna, consequat condimentum rhoncus in, vestibulum vitae velit.
Duis laoreet dui nunc, ac tincidunt dui condimentum a. Proin euismod turpis non dapibus tincidunt. Nulla vitae dignissim velit. Maecenas quis arcu ligula. Cras et sapien lorem. Aenean posuere nunc vitae laoreet feugiat. Sed at luctus sem. Aliquam sed urna convallis, rutrum enim sit amet, ultricies arcu.
In ut justo quis libero congue tristique nec in ipsum. Ut quis fermentum leo, non sodales tellus. Interdum et malesuada fames ac ante ipsum primis in faucibus. In eget libero ultricies ligula porttitor viverra. Nulla pulvinar placerat elit a vehicula. Donec a pretium magna. Class aptent taciti sociosqu ad litora torquent per conubia nostra, per inceptos himenaeos. Praesent ut fringilla urna. Sed lacinia, eros a finibus tincidunt, augue justo convallis lorem, sit amet sollicitudin augue lorem quis ipsum. Phasellus ullamcorper dui eu sagittis posuere. Duis sed quam vel lorem luctus laoreet eu molestie augue.
Vivamus cursus dui vitae mauris sagittis vestibulum. Curabitur iaculis dictum est, quis cursus lorem sodales nec. Donec malesuada interdum lacus, vel rhoncus risus pretium sit amet. Praesent at condimentum libero. Pellentesque habitant morbi tristique senectus et netus et malesuada fames ac turpis egestas. Sed sit amet mattis quam. Donec tortor elit, iaculis ac fringilla quis, consectetur at mauris. Vivamus viverra vehicula lacinia. Nulla et suscipit turpis. Etiam sed rutrum ante.
VIII. Le modifiche nel Novecento
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Mauris ut erat risus. Suspendisse libero ligula, euismod condimentum aliquet vitae, molestie non dui. Integer urna lorem, interdum venenatis sapien nec, ultrices luctus enim. Phasellus accumsan massa ipsum, luctus pulvinar est fringilla id. Sed faucibus a eros eu ornare. Quisque feugiat finibus massa in aliquam. Suspendisse potenti. Proin vel rhoncus ligula. Aliquam semper felis non ex scelerisque, nec tincidunt felis fermentum. Integer molestie hendrerit purus sed condimentum. Vivamus ornare lacus sit amet sapien mattis, nec imperdiet lorem lacinia. Sed vestibulum lobortis massa, vel aliquam sem viverra auctor. Sed commodo justo id velit sodales bibendum nec congue leo. Sed eget finibus augue, quis aliquet urna. Phasellus non dui pulvinar, volutpat orci id, eleifend erat. Sed at ornare est.
Curabitur ultricies sapien quam, nec porta dui laoreet quis. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Sed imperdiet porttitor diam non tempor. Suspendisse potenti. Vivamus urna arcu, mollis id metus vitae, faucibus mollis metus. Ut iaculis sapien sit amet est mattis, ac vestibulum nulla aliquam. Duis augue sem, convallis sit amet finibus eget, vehicula sed est. Aenean viverra neque sapien, elementum aliquet orci iaculis ut. Phasellus ex libero, volutpat nec orci at, interdum ullamcorper sapien. Donec dignissim neque id lorem eleifend, iaculis volutpat orci iaculis. Duis iaculis, risus eget ultrices lacinia, velit odio commodo neque, ac consectetur metus odio a lorem. Vivamus eu enim a felis bibendum semper. Morbi sit amet tellus in arcu tincidunt lobortis. In in risus ipsum. Sed quis ipsum dolor. Integer dapibus lacus ac tellus congue dapibus eu vel erat.
Nam egestas non mauris vitae venenatis. Mauris sodales, urna et cursus luctus, ex velit faucibus metus, ut consectetur orci elit quis felis. Nulla scelerisque pharetra ligula, ac dapibus ligula laoreet at. Aliquam ornare nibh quis eros aliquet, eu ultricies elit gravida. Duis faucibus nibh vitae augue aliquet faucibus. Duis felis quam, feugiat nec leo ut, auctor convallis augue. Nulla sit amet lorem erat. Nullam euismod nibh a eleifend mattis.
Duis tempor ornare elit, tempus aliquet sapien tincidunt eu. Nullam lacinia eget justo id tristique. Aliquam a libero in tortor accumsan molestie sed ut arcu. Vestibulum ante ipsum primis in faucibus orci luctus et ultrices posuere cubilia Curae; Morbi lacinia diam sit amet lacus tempor, nec congue orci aliquam. Sed a mauris leo. Mauris vitae orci posuere, tincidunt nisi at, gravida arcu. Donec in mi in tortor sodales ornare. Duis suscipit erat sit amet diam euismod scelerisque. Cras tellus erat, tincidunt eget velit id, volutpat interdum diam. Ut placerat elit sem. Aenean tincidunt nibh ex, id mollis justo luctus vitae. Proin at sapien placerat ex tincidunt lobortis at at nulla.
Cras eget ultrices nunc. Fusce ultricies massa et est porttitor porttitor. Fusce varius mollis risus ut viverra. Ut accumsan justo sed nisi volutpat maximus. Maecenas at volutpat metus, eget interdum neque. Pellentesque vel mauris venenatis, egestas justo eget, consequat dui. Interdum et malesuada fames ac ante ipsum primis in faucibus. Donec dictum ultricies ante, vitae consequat risus faucibus id.
IX. L’abbandono
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Phasellus convallis, ante quis rhoncus porta, massa nisl fermentum justo, id molestie lectus lacus et libero. Suspendisse sed sagittis risus, eleifend auctor leo. Aliquam eleifend metus a lacus consectetur venenatis. Interdum et malesuada fames ac ante ipsum primis in faucibus. Donec pellentesque feugiat auctor. Suspendisse ut orci quis elit ornare tincidunt sit amet id lorem. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Nam eu tempus nisl, et sagittis odio. Quisque consequat porta ex in scelerisque. Curabitur sapien nisl, bibendum at dui eu, vulputate mattis nunc. Etiam ornare nisl at libero molestie accumsan. Pellentesque ac nulla viverra, dapibus risus at, euismod nunc.
Sed posuere, diam et gravida faucibus, magna felis mollis nisi, et placerat nunc dui at ligula. Integer risus sapien, pharetra quis arcu ac, bibendum efficitur orci. In sed massa gravida, placerat tellus ac, porta odio. Pellentesque habitant morbi tristique senectus et netus et malesuada fames ac turpis egestas. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Curabitur ullamcorper sem vel ante maximus, at pulvinar lorem mollis. Suspendisse sagittis mollis mauris, at ornare urna ornare ut. Vivamus accumsan nunc ac mollis rutrum. Nullam ullamcorper iaculis scelerisque. In varius ultricies semper. Maecenas quis sapien ante.
Aliquam neque ligula, efficitur sed mauris eget, blandit efficitur purus. Praesent blandit mi libero, sed molestie enim vehicula at. Integer hendrerit, neque ut efficitur condimentum, elit ipsum rhoncus quam, ac maximus massa ante sed tellus. Interdum et malesuada fames ac ante ipsum primis in faucibus. Pellentesque orci lorem, rutrum sit amet nisl sit amet, fermentum imperdiet urna. Integer sit amet nibh eros. Vestibulum scelerisque pellentesque mollis. Sed ullamcorper viverra rhoncus. Nunc ac suscipit ligula. Nulla venenatis volutpat nisl ac rhoncus. Sed pulvinar egestas tristique. Sed dapibus felis quis tincidunt dignissim. Nullam ultrices, risus at laoreet pellentesque, diam nisi elementum dolor, eu pretium purus justo sit amet mi.
Nunc at venenatis enim, et commodo turpis. Cras tempor mollis est, vitae bibendum turpis. Aliquam erat volutpat. Orci varius natoque penatibus et magnis dis parturient montes, nascetur ridiculus mus. Morbi placerat dui vitae velit pretium, vitae pulvinar leo eleifend. Praesent dolor dolor, malesuada at magna non, molestie aliquet nunc. Proin nec dapibus risus, sit amet interdum nibh. Aenean facilisis risus sit amet elit ultrices blandit. Aliquam sit amet neque ac nunc cursus feugiat. Mauris quam enim, vulputate eu vulputate eu, mattis vitae augue. Ut commodo congue risus et lobortis. Quisque suscipit felis turpis, et egestas libero efficitur sit amet. Nam lorem lacus, malesuada et diam suscipit, elementum pellentesque sapien. Nam finibus semper malesuada. Donec ut nibh ullamcorper, aliquam ex sed, rhoncus dolor.
Fusce in tellus vitae odio cursus rutrum. Nullam iaculis tortor posuere, scelerisque tellus vitae, aliquet nunc. Vestibulum et efficitur quam, a posuere metus. Duis leo nisl, pretium eget tellus et, imperdiet rutrum eros. Phasellus porta eros felis, nec tempor tellus varius et. Suspendisse cursus tortor nec metus semper pretium. Class aptent taciti sociosqu ad litora torquent per conubia nostra, per inceptos himenaeos. Integer in est lectus. Maecenas at nisi augue. Nam tortor ipsum, rhoncus quis posuere eu, volutpat et sapien. Vestibulum laoreet nulla vel nisi elementum commodo.
X. Comunità e restauro
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Nulla vel interdum libero. Praesent feugiat, diam quis imperdiet pharetra, tellus sapien rhoncus nisl, eu mollis neque dolor ut lacus. Cras bibendum ligula vel velit pharetra semper. Nam imperdiet massa eu felis egestas consectetur. Nunc rhoncus ex eu velit tincidunt mollis. In sed nisi ultrices, lobortis risus vel, faucibus ante. Cras id porttitor sapien, sit amet finibus tortor. Fusce id volutpat nulla, at suscipit arcu. Donec ultricies mollis nibh eu interdum. Duis vehicula faucibus ante eget vehicula. Aliquam feugiat semper arcu vel consequat.
In quis fermentum nisl. Integer hendrerit suscipit erat vel condimentum. Etiam rhoncus, tortor sit amet dignissim tempor, risus justo tristique mauris, eget consectetur nisi enim vel libero. Suspendisse mattis et ligula vel feugiat. Duis condimentum nisi ac leo placerat ullamcorper. Morbi iaculis pharetra ex in bibendum. Nam sollicitudin, ante nec lacinia viverra, mi diam hendrerit odio, quis vestibulum justo lacus et nunc. Mauris vel purus consectetur, consequat diam et, ornare libero. Phasellus vel semper orci. Integer auctor ac quam sed ultricies. Aenean risus sapien, venenatis vitae mi sit amet, aliquet semper ipsum. Nam lobortis sapien at ex pretium, at molestie risus rhoncus.
Etiam porta odio sapien, quis auctor elit tempor vitae. Cras pellentesque, nisl pulvinar porttitor pharetra, dolor dolor sodales nisl, et auctor metus dui non dolor. Quisque vel tincidunt mauris, non pellentesque arcu. Nullam convallis dapibus ligula, in finibus arcu imperdiet nec. Aenean ut elit id dolor interdum hendrerit. Pellentesque consequat interdum magna. Maecenas cursus malesuada mauris placerat dapibus. Nullam pharetra vel justo quis malesuada. Nullam ultricies consectetur nunc in eleifend. Etiam at neque erat. Donec dictum nibh molestie lacus venenatis, et semper enim imperdiet. Nam laoreet ac est nec blandit. Quisque semper turpis sed felis facilisis, sed consectetur ligula consequat. Vivamus id lorem pharetra, fermentum nisl vitae, condimentum justo. Nam varius fringilla sem, ac facilisis ex sodales vitae.
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Nullam turpis nisl, consequat at maximus non, cursus eu enim. Suspendisse nec tempor lacus, vitae dignissim lacus. Aliquam hendrerit, lorem vel pellentesque laoreet, neque enim fermentum est, id congue nibh nisi vitae dolor. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Curabitur mollis, mauris ut lacinia convallis, nibh nisl feugiat neque, sed vulputate lorem justo ut ex. Vivamus tincidunt consectetur tellus, et varius dolor interdum eu.
In hac habitasse platea dictumst. Ut tincidunt id tortor sit amet volutpat. Quisque eget tortor varius tellus scelerisque elementum eu vel nulla. Nunc aliquam nec lorem vel suscipit. Quisque tincidunt velit neque, auctor pulvinar nibh euismod iaculis. Vestibulum justo tellus, molestie quis orci at, finibus pharetra lectus. Donec nec eros in velit sagittis viverra. Praesent venenatis magna quis lorem ornare mattis.